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  • Mira Sidera

Le donne pirata esistevano ed erano anche delle capitane

Le piratesse esistevano eccome e in molte occasioni diventavano anche le capitane di navi molto importanti. Non ci credi? Eccomi qui per spiegarti come, quando e perché!


La donna che sta a casa mentre aspetta il suo amato che torna dal mare è una narrazione scorretta e manipolata. Le società antiche cercavano in tutti i modi di perpetuare alle piccole donne il loro ruolo “zitta e lava” in una società patriarcale, cancellando molte donne importanti che hanno segnato la storia. Tra cui le coraggiose donne pirata che hanno solcato i mari per tantissimi anni.


Il rapporto tra donne e pirateria è più complesso di quello che ci hanno raccontato e, soprattutto, non si può riassumere in un banale “le donne non erano ammesse nelle navi perché portavano sfortuna”. Anzi, accadeva che diventavano anche delle capitane.

E in questo articolo ti racconto perché.




Se per i pirati il mito si mischia alla realtà (e spesso si può scindere per capire quale sia la verità), per le piratesse abbiamo prevalentemente miti e leggende. Questo, però, non ci deve scoraggiare, o farci pensare che studiare queste figure mitiche sia inutile, piuttosto ci deve far comprendere due importantissimi punti che devono rimanere nella nostra mente quando ci approcciamo a questo aspetto della storia:


  1. Spesso i miti nascono per spiegare qualcosa di reale, quindi alla base delle leggende dietro le famose piratesse c’è una realtà;

  2. Per gli uomini dell’epoca il fatto che le donne fossero presenti nelle navi, o addirittura ne erano capitane, equivaleva a qualcosa di “mitico” per loro, qualcosa di così straordinario da diventare leggenda.

Questo vuol dire che non abbiamo nemmeno una minuscola sicurezza riguardo le donne nella pirateria? Ovviamente no.


Una sicurezza che abbiamo è la seguente: la legge della terra non era la stessa presente in mare. Quindi tutto ciò che era considerato illegale, o socialmente sbagliato, non lo era anche in mare. È vero che spesso molte norme sociali venivano tramandate anche sulle navi (i pirati comunque nascevano sulla terra in un determinato contesto sociale che influenzava il loro modo di pensare anche da adulti sulle navi), ma poi in quel contesto vinceva ciò che “era più conveniente”.


Un esempio già citato in un altro articolo è la sodomia: nella società terrena era inconcepibile, in quella marittima non era legalmente perseguibile… anzi.


Quindi, se un capitano aveva bisogno di una donna a bordo per un qualsiasi motivo, non si faceva scrupoli ad accettarla. Infatti, credere che le donne non erano MAI ammesse perché “portavano sfortuna” è riduttivo e altamente sbagliato. I motivi sono molti di più e, soprattutto, complessi.




Innanzitutto bisogna dire che il “portare sfortuna” non era una credenza diffusa. Piuttosto, è una traduzione molto blanda e striminzita di “le donne all’interno delle navi portano scompiglio”. Infatti, avere una donna a bordo avrebbe attirato molti occhi, figuriamoci se si fosse legata a qualcuno: gelosie, invidie e chi più ne ha più ne metta.


Quindi “portare sfortuna a una nave” nel senso di creare delle situazioni spiacevoli e scomode che poi avrebbero portato alla disfatta della ciurma (sì, il potere della patata).


Per questo motivo, non solo le donne non erano ammesse, ma anche i giovani di bell’aspetto, o giovani che avevano intrapreso delle relazioni amorose con altri pirati.


È il caso della nave del capitano Black Bart, che aveva istituito una legge che prevedeva delle punizioni per qualsiasi pirata che portasse con sé nella nave una donna o un giovane.


«No Boy or Woman to be allowed amongst them. If any Man were found seducing any of the latter Sex, and carry’s her to Sea, disguis’s, he was to suffer Death.»

Quindi l’obbiettivo delle donne era superare l’ostacolo del “le donne creano scompiglio” per poter essere ammesse dentro una nave pirata.


Come ci potevano riuscire? Prevalentemente in questi due modi:


  1. Erano imparentate con un pirata, magari il padre o il marito, che poi le portava con sé in mare. È il caso di Lady Mary Killigrew, che ha sposato il pirata Henry Killigrew, con cui ha mandato avanti una cospicua attività criminale; diciamo che, se entri nella nave che sei la figlioletta del capitano o addirittura sua moglie, nessuno ti sfiorerebbe con un dito;

  2. Si travestivano da uomini, nonostante poi tra i pirati della ciurma fosse ovvia la loro vera identità. È il caso di Anne Bonny (in una delle tante leggende che la vedono protagonista), o anche di Mary Read. Perché non le mandavano via? Perché probabilmente scoprivano della loro identità quando ormai si erano dimostrate “degne” di solcare i mari con loro; di certo non mandavano via un componente utile della ciurma solo perché donna.

In verità, c’è anche un terzo modo, ma non era molto comune e, soprattutto, non è un entrare nella pirateria, ma cambiare il proprio ruolo in pirata.


È il caso di donne di potere che decidono di diventare delle piratesse per svariati motivi, magari erano regine o principesse, o addirittura comandanti che lavoravano per i capi della società di quel momento.

Alcuni esempi sono:


  • Teuta, regina degli Illiri, decise di intraprendere la strada della pirateria per arricchire il suo popolo.

  • Sayyida al-Hurra, regina del Tétouan, divenne pirata per combattere l’avanzata della Spagna e della Francia verso il suo popolo.




Quindi la pirateria non veniva vista come vero e proprio “divento una piratessa”, ma come via per raggiungere un fine ben preciso.


Le donne dell’epoca non erano solo madri che stavano a casa per pensare ai figli e alla casa, erano donne con ambizioni e voglia di conoscere il mondo, e l’unico modo per farlo era allontanarsi da chi impediva ciò: la società.


Capire che il mare era una società a parte, un “terreno neutro”, è il primo passo per conoscere lo sconfinato mondo della pirateria, che per anni ci hanno fatto credere essere solo una copia di ciò che accadeva a terra con l’aggiunta di mostri marini e pappagalli parlanti.


Quindi se vostra figlia, o nipote o quello che volete, vi dirà che si vuole travestire da piratessa per “imitare i maschietti” fatela sedere e raccontatele delle incredibili donne pirata che hanno segnato una storia che ci è stata negata per troppo tempo.



 


Fonti:


Women and English Piracy, 1540-1720 (John C. Appleby)

Pirate Women: The Princesses, Prostitutes, and Privateers Who Ruled the Seven Seas (Laura Sook Duncombe)

https://daily.jstor.org/women-were-pirates-too/


In verità, ho utilizzato anche alcuni estratti dalle fonti utilizzate per gli articoli sui pirati e la sodomia, ma queste scritte qui sono quelle più specifiche sulle donne pirata.

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